RASSEGNA STAMPA

IL SECOLO XIX - Fai, la mano che colpì Genova

Milano, 17 dicembre 2009

Fai, la mano che colpì Genova
Gli stessi anarchici firmarono gli attentati a polizia e carabinieri tra il 2002 e il 2005

MARCO MENDUNI

L’obiettivo più importante è stato Romano Prodi. È il dicembre 2003, i giorni il 21 e il 27. Due attentati dimostrativi contro l’allora presidente della Commissione Europea. La sigla Fai vuol colpire sempre più in alto. È la Federazione Anarchica Informale. Sempre accompagnata al nome di un altro gruppo, come per voler dimostrare che tutte le entità dell’insurrezionalismo italiano si sono collegate o, almeno, si riconoscono in una linea comune, negli stessio biettivi. Saranno rivendicati dalla Fai, questa volta accompagnata dalla seconda sigla “Brigata Venti Luglio”, il giorno della morte di Carlo Giuliani durante gli scontri del G8 nel 2001, gli attentati alla questura di Genova, al commissariato Foce Sturla, alle caserme dei carabinieri di Pra’ e di Voltri. Ma i pacchi bomba della Fai arrivano anche, nel 2004, al presidente della Banca centrale europea. Arrivano anche nelle sedi di Europol ed Eurojust, la super procura continentale. Alla vigilia di una riunione, che doveva essere segretissima, di tutti i pm che si occupavano di indagini sui gruppi insurrezionalisti in Europa. Una circostanza che fece esclamare all’allora rappresentante italiano di Eurojust Cesare Martellino: «Sembra quasi che conoscano l’agenda dei nostri incontri». Le bombe della Fai sono arrivate, negli anni, alle caserme dei carabinieri a Milano, a quella del Ris di Parma, al carcere di San Vittore. Altr iplichi esplosivi rivendicati dalla Federazione Anarchica Informale sono stati inviati nell’aprile 2004 ai vertici del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al direttore di un’associazione
che opera presso il Centro per clandestini di Modena, al sindaco di Torino Sergio Chiamparino, a quello di Bologna,
SergioCofferati.
La storia del Fai inizia nel 2002 quando tre sigle, legate in un patto che allora si chiamava Europposizione, decidono di fare il salto di qualità. La polizia stima che il gruppo dei “duriepuri”, quelli che portano a segno le azioni più eclatanti, sia formato da venti persone al massimo. Un commando che può però contare, sul territorio, sull’appoggio logistico di altre duecentocinquanta trecento persone. Prima un pentolone esplosivo abbandonato su una bicicletta nelle vicinanze della casa bolognese di Prodi, poi la busta dinamitarda recapitata a domicilio rappresentano il debutto di fuoco. Sono veloci, agili, imprevedibili. Vivono spostandosi continuamente tra varie città. Non usano i telefoni cellulari, che permetterebbero di individuare i movimenti. Sono ospiti di amici, dei centri sociali più estremisti. Ma anche delle comunità rurali libertarie nate in gran numero in Garfagnana, in Lunigiana e in Versilia. Vivono in campagna, si fanno chiamare “gli elfi”.
Il primo gruppo che si riunisce intorno alla sigla Fai fa capo alla Cooperativa artigiana fuochi e affini. Poi c’è Solidarietà internazionale. E poi la Brigata Venti Luglio. Che colpisce la questura di Genova pochi giorni dopo che la procura ha emesso ventitré ordini di cattura per gli scontri di piazza al G8 de lluglio 2001. È un attentato per uccidere, quello del 9 dicembre 2002. Gli ordigni sono due, con unamodalità di azione che si ripeterà altre volte: dopo l’esplosione, la seconda bomba colpisce chi è intervenuto. Non ci scappa il morto per miracolo. Il primo ordigno deflagra così violentemente che viti e bulloni mescolati all’esplosivo infrangono i vetri della questura, spaccano gli infissi, si conficcano nel muro. I poliziotti scappano al secondo botto solo perché non si trovano subito le chiavi per entrare nei giardini, dove le bombe erano state piazzate. Le stesse modalità dell’attentato a Prodi: due ordigni, il secondo più potente: una trappola per le forze dell’ordine. Ancora emergenza a Genova. Il 30 marzo 2004: due ordigni davanti al commissariato Foce Sturla. Allarme a Genova e, nella stessa serata, a Milano, il 3 marzo 2005. Le esplosioni davanti alle caserme dei carabinieri nell’estremo ponente cittadino, a Pra’ e Voltri; nel capoluogo lombardo in via Monti.
Legati alla Fai anche gli spagnoli delle “5C”, Cellule contro il Capitale, il Carcere, i suoi Carcerieri e le sue Celle, che colpiscono ripetutamente in Italia. Il ministero del Welfare, la questura di Roma, la questura di Viterbo e, sempre nella capitale, la stazione dell’Arma di viale Libia, con un carabiniere gravemente ferito a una mano. Alle “5 C” (che contestano nella maniera più violenta il Fies, il regime di carcere duro in Spagna) viene attribuito l’attentato alla caserma genovese di San Fruttuoso, nei giorni precedenti il G8. Anche in questo caso un carabiniere, Stefano Storri, rimane ferito. «I due tipi di azione – spiegano gli investigatori antiterrorismo sono standard. La busta e il plico esplosivo, che contiene un libro o una videocassetta, viene azionato da un piccolo congegno a molla. Poi ci sono le pentole riempite di polvere da sparo o di tritolo, rese micidiali da viti, chiodi e bulloni e azionate da unpiccolo timer». Sono vecchi congegni che venivano fabbricati da un’azienda genovese che ha chiuso i battenti da anni. Per questo motivo la questura di Genova, ieri, si è messa in contatto con i colleghi di Milano. Per comprendere se anche il timer che è stato utilizzato per l’ordigno alla Bocconi sia dello stesso genere.